Il Ddl 1532-bis, ora all’esame alla Camera e alle varie commissioni competenti, riporta ancora in sé l’annoso problema delle cd. “dimissioni per fatti concludenti”, istituto al quale l’esecutivo non ha ancora trovato una versione ottimale.
Il Ddl sopra citato vorrebbe introdurre al D.lgs. 151/2015 il comma 7-bis all’articolo 26, inserendo appunto la possibilità per il datore di lavoro di considerare l’assenza ingiustificata protratta per determinati giorni (5 giorni o quanto stabilito dal CCNL), quale comportamento concludente del lavoratore, significante la sua intenzione volontaria di interrompere il rapporto di lavoro per dimissioni, facendo quindi di questa condotta una eccezione alla disciplina delle dimissioni, che dal 2015 prevede esclusivamente lo strumento delle dimissioni online.
Quindi in conclusione, considerare questa assenza ingiustificata come dimissioni volontarie per fatti concludenti del lavoratore.
Per l’esecutivo il presente istituto avrebbe l’obiettivo di riequilibrare le posizioni dei contraenti del rapporto di lavoro (datore e lavoratore) in tutti quei casi in cui il lavoratore effettivamente manifesta la propria intenzione di risolvere il rapporto di lavoro, ma non adempie alle formalità prescritte dalla legge (dimissioni online), con il solo fine di indurre il datore a comminare il licenziamento e permettere al lavoratore così di ottenere la NASPI.
Sempre di più si è fatto largo tra i lavoratori la prassi si ricorrere ad assenze ingiustificate e studiate al solo fine di obbligare il datore a comminare un licenziamento nei loro confronti, far concludere il rapporto di lavoro per il quale non hanno più interesse, e ottenere la NASPI.
Ma questa condotta, oltre a rischiare se effettivamente dimostrato l’intento, di essere una condotta in frode alla legge e un danno per l’INPS, espone il datore a ulteriori costi e disagi.
Il primo disagio è quello di costringere il datore ad adoperarsi per ricercare nuovo personale che sostituisca quello assente ingiustificato, inoltre poi essere costretto a mettere in moto le pratiche di contestazione disciplinare per comminare un licenziamento (con i costi di gestione che ovviamente potranno esserci), ma soprattutto esporrà il datore al pagamento del ticket licenziamento, che per il 2024 può raggiungere l’importo di 1550,42 €.
Il 13 febbraio 2024 è stata convocata in Commissione Lavoro alla Camera una rappresentanza del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e Esperti Contabili (CNDCEC), la quale ha però posto dubbi sull’istituto, pur apprezzando l’intenzione dell’intervento, per contrastare la cattiva pratica dell’assenteismo programmato per ottenere il licenziamento dal proprio datore di lavoro, ritiene che vi siano delle criticità evidenti circa la scelta degli elementi integranti la nuova fattispecie delle dimissioni volontarie.
Insomma, la questione che è da molto tempo dibattuta sia in dottrina che in giurisprudenza, per il momento è oggetto di studio e approfondimento da parte dell’esecutivo, in attesa di riuscire a trovare la formulazione più corretta e risolvere un problema presente da molto tempo.
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